DOMANDE PAG.532

 DOMANDE PAGINA 532


1. QUALE DIFFERENZA C'E' TRA FLESSIBILITA' DI LAVORO E FLESSIBILITA' DI OCCUPAZIONE?

Alcuni studiosi distinguono tra flessibilità del lavoro, intesa semplicemente come possibilità di modificare l'attività del lavoratore per adattarla alle congiunture della produzione, e flessibilità dell'occupazione, consistente nella messa in discussione dei tradizionali aspetti giuridici e statutari del rapporto di lavoro, che privano il lavoratore di garanzie di sicurezza dell'impiego. 


2. QUAL E' STATA L'IMPORTANZA DEL LIBRO BIANCO DI BIAGI PER IL DIBATTITO DI ITALIANO SULLA FLESSIBILITA' DI LAVORO?

Nel nostro paese, il dibattito sulla flessibilità ha ricevuto un input decisivo dalla pubblicazione del Libro bianco sul mercato del lavoro in Italia, che esponeva i risultati della ricerca commissionata nel 2001 da Roberto Maroni, allora ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, a un gruppo di esperti diretti da un noto studioso di diritto del lavoro, Marco Biagi. Scomposto su base regionale, il tasso confermava il carattere persistente dei ben noti squilibri economici tra Nord e Sud che affliggono la nostra nazione: la sua distanza rispetto al tasso di occupazione europeo, infatti, è da imputare in massima parte alle regioni del Sud, che sono inferiori alla media dell'Unione di più di 20 punti percentuali. Per esaminare nel dettaglio i problemi del lavoro in Italia, l'indagine procedeva poi scomponendoli secondo criteri anagrafici, di età e di genere. Le sollecitazioni provenienti dal Libro bianco hanno trovato una concreta attuazione nella legge 30 del 14 febbraio 2003, conosciuta comunemente come "legge Biagi". 


3. QUALI TRASFORMAZIONI DEL LAVORO ITALIANO HANNO APPORTATO LA LEGGE 30/2003 E IL SUCCESSIVO DECRETO LEGISLATIVO N. 276 DEL 10 SETTEMBRE 2003?

Le sollecitazioni provenienti dal Libro bianco hanno trovato una concreta attuazione nella legge 30 del 14 febbraio 2003, conosciuta comunemente come "legge Biagi". Si tratta di una semplice legge-delega, che trasferisce al governo il compito di deliberare su occupazione e mercato del lavoro, mentre le effettive norme in materia risalgono al successivo decreto legislativo n. 276 del 10 settembre 2003. Il decreto legge del 2003 tenta di dare attuazione al progetto di flessibilizzazione del mercato auspicata dal Libro bianco, e lo fa principalmente tramite l'introduzione di nuove tipologie di contratti di lavoro:

lavoro a tempo indeterminato, regolato da un contratto che non prevede alcuna data di cessazione del rapporto lavorativo, e lavoro a tempo determinato, regolato da contratti che ne predeterminano la durata.

- in base all'orario di lavoro settimanale, si distinguevano il lavoro a tempo pieno, o full-time, solitamente articolato in 40 ore settimanali distribuite su 5 giorni, e il lavoro a tempo parziale, o part-time, con riduzione del monte-ore settimanale.

- il "lavoro intermittente" detto anche job on call, ossia "lavoro a chiamata", consistente in prestazioni discontinue a favore di un datore di lavoro che può contare sulla disponibilità del dipendente in qualunque momento.

 - il "lavoro accessorio", consistente in prestazioni occasionali svolte da soggetti non ancora entrati nel mercato del lavoro o a rischio di esclusione sociale, disoccupati da oltre un anno, pensionati, disabili...

- il "lavoro ripartito„ o job sharing, regolato da un tipo di contratto con il quale due lavoratori si impegnano ad adempiere congiuntamente la stessa obbligazione lavorativa.

- il lavoro a progetto, di fatto divenuto una delle forme tipiche con cui i giovani accedono oggi al mercato del lavoro. 

Inoltre, A partire dal 2003 tali agenzie hanno assunto il nome di "agenzie per il lavoro" e da allora hanno l'obbligo di iscrizione in un apposito albo; l'attività di collocamento da esse svolta ha ormai preso la denominazione ufficiale di somministrazione del lavoro. 

4. QUAL E' IL PUNTO DI VISTA DI LUCIANO GALLINO SULLA FLESSIBILITA' DEL MERCATO DI LAVORO?

Uno dei maggiori esperti in materia di trasformazioni del mercato del lavoro italiano, il sociologo torinese Luciano Gallino, a questo proposito sostiene che la richiesta di un mercato del lavoro più flessibile, lungi dal configurarsi come un meccanismo virtuoso che "lubrifica" il sistema produttivo, è piuttosto da intendersi come una conseguenza della globalizzazione economica, in particolare della concorrenza creatasi tra i lavoratori occidentali e quelli dei paesi in via di sviluppo. La debolezza di questi ultimi in termini di salari e di diritti garantirebbe cioè alle imprese disponibilità di manodopera a basso costo, e omologherebbe verso il basso anche la condizione dei lavoratori occidentali, mettendone in qualche modo in discussione i diritti già acquisiti. 





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