METODOLOGIA DELLA RICERCA: COME LAVORANO GLI ANTROPOLOGI?

COME LAVORANO GLI ANTROPOLOGI?

Se il campo di indagine appare estremamente vario ed eclettico, al punto da rendere difficile la risposta alla domanda: "Di che cosa si occupano gli antropologie", meno arduo ? spiegare come essi concretamente lavorano, perchè esiste un ancoraggio solido per questa risposta, rappresentato dal lavoro etnografico sul terreno che, a detta dell'antropologo statunitense Clifford Geertz, costituisce la specificità operativa dell'antropologia nel contesto delle scienze umane e sociali. 

Nessun'altra disciplina contempla una presenza così durevole e costante del ricercatore sul campo, ovvero il luogo, materiale e simbolico, in cui una cultura è prodotta e può essere osservata di prima mano dai ricercatori - a contatto con i nativi, di cui lo studioso condivide la vita quotidiana e cerca di afferrare la mentalità. 

L'importanza del lavoro sul campo si connette direttamente alla centralità della nozione di contesto: per gli antropologi, gli elementi di una cultura, comportamenti individuali e sociali, norme, usanze, istituzioni ecc., possono essere adeguatamente compresi e correttamente valutati soltanto se vengono situati nel loro contesto di appartenenza. 

Malinowski riteneva indispensabile afferrare il punto di vista dell'indigeno, per rendersi conto della sua visione del suo mondo. La contestualizzazione di usanze e credenze le rende meno estranee, più comprensibili e provviste di una propria razionalità. 
Nella seconda metà del Novecento per qualificare i due possibili punti di vista sul mondo, quello interno del nativo e quello esterno dell'antropologo, si è fatto ricorso agli aggettivi "emico" ed "etico". 


LA RICERCA SUL CAMPO
La ricerca antropologica comprende:
- una prima fase empirica e osservativa di lavoro sul campo presso la popolazione prescelta; - una fase successiva di interpretazione dei dati raccolti; 
- un'ultima fase che consiste nella redazione di una monografia o di un articolo scientifico che espone i risultati della ricerca.

Nel corso dell'indagine sul campo di regola l'antropologo utilizza metodi di tipo osservativo, scelti in base alla situazione in cui opera e tenendo conto degli scopi che la sua ricerca si prefigge.


L'osservazione può essere:
- semplice: l'antropologo utilizza i propri sensi  senza ricorrere agli strumenti della moderna tecnologia e annota le sue osservazioni sul taccuino in modo piuttosto libero e personale, in forma discorsiva e corredata da schizzi e disegni; 

- attrezzata: l'antropologo si serve di una strumentazione che può comprendere macchina fotografica, videocamera, registratore vocale, strumenti di misura e rilevazione delle caratteristiche del territorio e schede di osservazione predisposte che indicheranno la data, l'ora, la durata dell'osservazione, il luogo esatto (mappe, foto, schizzi), le circostanze, le persone presenti e i loro ruoli, la strumentazione utilizzata, gli aspetti ambientali che possono influenzare eventualmente la situazione (temperatura, rumore, illuminazione). 
Le conversazioni e i dialoghi verranno riportati o riassunti nella forma del discorso diretto.

- esterna: il ricercatore si pone all'esterno o ai margini della popolazione studiata e si lascia avvicinare gradualmente dai suoi membri. Si tratta di un metodo usato anche in etologia umana, una disciplina che studia comportamenti universalmente diffusi come il sorriso, il saluto, le manifestazioni di aggressività; 

- interna o partecipante: il ricercatore condivide la vita della popolazione studiata, cerca di entrare nella mentalità dei suoi membri e di assumere il loro punto di vista. 
L'osservazione partecipante è considerata la tecnica antropologica di indagine per eccellenza, anche se non si tratta di un metodo facilmente codificabile come gli altri tipi di osservazione: ha un carattere "artigianale" e richiede doti particolari di immaginazione, intuizione e capacità di relazionarsi con gli altri, oltre a uno spiccato spirito di adattamento a condizioni ambientali e di vita spesso difficili.


Per l'antropologo è fondamentale acquisire un particolare modo di mettere a fuoco l'oggetto d'indagine. 
L'essere vicini o lontani dal proprio paese e dal proprio contesto di vita non comporta l'adozione di strategie di ricerca diverse, perchè, in antropologia, non conta la distanza geografica, ma la distanza culturale tra l'osservatore e la realtà studiata, che va sempre in qualche modo "attivata". 

Importante è "lo sguardo da lontano" dell'antropologo, ovvero un atteggiamento distaccato, privo di schemi mentali e pregiudizi, che l'antropologo deve mantenere nei confronti della cultura che sta analizzando. Questo distanziamento psicologico che consente all'antropologo di cogliere il senso unitario e le connessioni interne della cultura presa in esame, mantenendo uno sguardo distaccato e obiettivo. 

Nonostante il numero sempre maggiore di indagini antropologiche effettuate in seno alla cultura occidentale, per molte persone vale ancora oggi l'immagine dell'antropologo tradizionale: uno spirito avventuroso e romantico che lascia le comodità della vita accademica per recarsi in villaggi sperduti a condividere la vita delle popolazioni indigene.

Hanno notevolmente contribuito alla diffusione di quest'immagine studiosi come Bronislaw Malinowski, Ruth Benedict, Margaret Mead e Claude Lévi-Strauss, che sono stati i grandi protagonisti dell'antropologia novecentesca e che per lunghi periodi soggiornarono in Africa, Oceania, America del Sud.

Il metodo di ricerca più diffuso tra gli antropologi è l'osservazione partecipante, che prevede un' "immersione" dello studioso nella società presa in esame. 
Essa fu codificata e proposta come metodo scientifico agli inizi del XX secolo dall'antropologo britannico Bronislaw Malinowski
Poiché le indicazioni metodologiche di Malinowski sono complessivamente valide ancora oggi, le illustreremo brevemente cosi come sono presentate in uno dei suoi libri più famosi: Argonauti del Pacifico occidentale. 


MALINOWSKI ALLE TROBRIAND: UN MODELLO DI RICERCA
Negli anni della Prima guerra mondiale Malinowski soggiornò a più riprese nelle isole Trobriand, un arcipelago situato al largo delle coste sud-orientali della Nuova Guinea, abitato da una popolazione di papua-melanesiani.

La prima spedizione durò 7 mesi, dall'agosto 1914 al marzo 1915, la seconda e la terza 12 mesi ciascuna (maggio 1915-maggio 1916; ottobre 1917-ottobre 1918). 
In questo periodo Malinowski imparò la lingua locale e si dedicò all'osservazione della vita sociale degli indigeni in tutti i suoi aspetti, pubblici e privati, materiali e simbolici.

Da quelle osservazioni nacque "Argonauti del Pacifico occidentale", pubblicato a Londra nel 1922, un classico dell'antropologia del Novecento. 
Gran parte del testo è dedicata alla descrizione del kula, ovvero un sistema di scambi circolari assai esteso che collegava una trentina di isole e alcune località della terraferma. 
Nel kula erano scambiati collane e bracciali privi di utilità pratica, secondo regole di reciprocità che fanno capire come questo rituale non fosse primariamente un'attività economica, ma un'istituzione sociale volta a creare e a mantenere rapporti e obblighi reciproci tra persone di società diverse. 


LE CARATTERTISTICHE DEL LAVORO SUL CAMPO
Fin dalle prime pagine dell'introduzione ad Argonauti del Pacifico occidentale si avverte l'impegno profuso da Malinowski per avvicinare l'antropologia al rigore metodologico delle scienze della natura e, obiettivo legato al precedente, distinguere l'antropologo da missionari, mercanti, funzionari governativi, medici o scrittori attratti dall'esotico, che, negli anni del colonialismo, frequentavano i mari del Sud. 

Allo stesso modo, è opportuno che gli antropologi rendano esplicite le procedure e chiariscano le finalità delle ricerche. 

L'antropologo si deve avvicinare agli indigeni con il massimo rispetto per le loro usanze; lungi dal considerarli dei "selvaggi" da civilizzare o convertire, guidati solo dall'istinto, incapaci di ragionamento, feroci e incomprensibili, l'etnologo sa che hanno un modo di pensare coerente e vivono in comunità bene ordinate, governate da leggi.

Questa consapevolezza deriva dalla conoscenza delle opere di quegli autori, come gli antropologi Edward Tylor e Lewis Morgan e lo psicologo Wilhelm Wundt, che, scoprendo l'organizzazione sociale dei "primitivi", hanno posto le basi dell'etnografia scientifica.


I principi metodologici dell'etnologia possono essere riuniti in 3 categorie principali: 
1. in primo luogo, lo studioso deve avere un obiettivo scientifico ben preciso;
2. secondariamente, deve individuare condizioni appropriate per il proprio lavoro;
3. deve applicare metodi adeguati di raccolta, elaborazione e sintesi dei dati. 

L'obiettivo scientifico a cui fa riferimento Malinowski è l'analisi dell'organizzazione sociale degli indigeni, vista come un tutto in cui ogni parte ha la propria funzione; la condizione più appropriata è la vita a stretto contatto con gli indigeni, fino ad arrivare a condividere e seguire con passione i piccoli eventi della loro vita quotidiana: l'orticoltura, i pasti, gli scherzi, le liti, le malattie, i riti magici.


Sui colloqui con gli informatori, che sono il secondo metodo di raccolta delle informazioni, Malinowski fa due raccomandazioni: imparare la lingua locale e adeguare le domande alla mentalità degli indigeni. 

Egli suggerisce di evitare domande su temi astratti e generali, come la giustizia o la punizione dei reati, preferendo l'analisi di casi concreti, immaginari o meglio ancora reali, che stimoleranno l'indigeno a esprimere la sua opinione e a fornire abbondanti informazioni.

Durante i suoi soggiorni alle Trobriand, Malinowski studiò vari aspetti della vita sociale degli isolani osservandoli direttamente e servendosi della collaborazione di informatori
Gli informatori sono persone importanti per la riuscita di un'indagine etnografica: alcune volte è il governo locale a offrire degli specialisti bilingui che svolgono opera di mediazione tra il ricercatore e gli abitanti del luogo, mentre altre volte è lo stesso antropologo ad accorgersi che alcuni uomini sono autentiche miniere di notizie.  
La testimonianza dell'informatore deve essere vagliata attentamente: può accadere infatti che si tratti di una persona interessata a dare una certa immagine della propria cultura, oppure che sia il depositario di una sapienza antica ormai desueta e tracci un quadro affascinante ma poco rispondente alla vita reale.

Per la raccolta dei dati Malinowski usava gli strumenti dell'epoca: carta, matita e macchina fotografica; per la loro elaborazione sintetica riteneva di grande utilità le tavole riassuntive sinottiche, nelle quali con un colpo d'occhio è possibile cogliere un quadro della situazione.










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