METODOLOGIA DELLA RICERCA: L'EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI "CAMPO"

L'EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI "CAMPO"


In antropologia il "campo" è il luogo, materiale e simbolico, in cui una cultura è prodotta e può essere osservata senza mediazioni dagli etnologi, che, all'interno dello spazio così delimitato, raccolgono i dati e costruiscono la loro ricerca.

Nella storia dell'antropologia, il concetto classico di "campo" è quello codificato nell'opera di Malinowski: un territorio circoscritto, di piccole dimensioni, in cui vive una comunità che ha elaborato una cultura originale e riconoscibile. 

Elaborato nelle isole del Pacifico, questo concetto di campo fondato sulla coincidenza tra unità spaziale e unità culturale già alcuni anni dopo si rivelò inadeguato a comprendere contesti sociali più ampi e complessi come quelli studiati dagli africanisti: i grandi regni nell'Africa centrale, le antiche città crocevia di culture (Timbuctù), i popoli itineranti o dispersi in ampi territori (Peul, Pigmei).

Nell'epoca attuale, il concetto classico di "campo" ha dovuto fare i conti con i flussi culturali e i processi di fusione tipici della globalizzazione, per cui ogni realtà locale reca in sé le tracce della cultura globale diffusa dai moderni mezzi di trasporto e comunicazione. 
A questo proposito, l'antropologo George Marcus ha individuato l'emergere di un'etnografia multisituata, ovvero di una ricerca che si svolge in più campi

i campi possono essere reali o virtuali

L'unica scuola di pensiero che studiava le società tribali credendole fuori della storia, collocate in un immobile presente etnografico, per coglierne la struttura e le articolazioni interne senza porsi il problema degli eventuali cambiamenti, è stata il funzionalismo di Malinowski e  Alfred Radcliffe Brown.


UNA DESCRIZIONE ENTOGRAFICA: I PIGMEI BAMBUTI


Dopo la fase empirica e osservativa di lavoro sul campo e quella successiva di interpretazione dei dati raccolti, la ricerca antropologica approda all'ultima delle sue fasi, che consiste nella redazione di una monografia o di un articolo scientifico che presenta i risultati della ricerca.

La monografia etnografica è la base del sapere antropologico; essa ha la stessa importanza delle inchieste in sociologia o degli esperimenti e dei casi clinici in psicologia. È, il punto di partenza delle comparazioni e delle sintesi teoriche contenute nei manuali o nelle trattazioni di storia dell'antropologia. 

La monografia etnografica classica descrive la vita di un popolo soffermandosi su alcuni aspetti: il rapporto con l'ambiente fisico, la modalità di procurarsi le risorse (strategia di sopravvivenza), l'organizzazione familiare e della parentela, l'organizzazione sociale e politica, la spiritualità, la creatività. Per fare un esempio di come si articola una descrizione etnografica, abbiamo scelto una popolazione ben nota agli antropologi: i Pigmei Bambuti, il popolo della foresta la cui sopravvivenza è oggi minacciata dallo sfruttamento indiscriminato dell'ambiente in cui vivono, attuato per scopi economici dalle multinazionali con il sostegno dei governi africani. 

Con il nome "Pigmei" (termine di origine greca che significa "alti un cubito", cioè di piccola statura) si indica un insieme di popolazioni che vivono nelle foreste tropicali dell'Africa centrale, sparse in 7 Stati. 
Si calcola che attualmente siano circa 200 000 persone. Considerati tra i più antichi abitanti del continente africano, sono di pelle piuttosto chiara e di bassa statura: mediamente gli uomini sono alti 140 cm, le donne 130.
Il gruppo più ampio e meglio conosciuto è appunto quello dei Bambuti. I Bambuti vivono nelle foreste vergini dello Haut-Zaire, una regione attraversata dall'equatore nella parte nord-orientale della Repubblica democratica del Congo. 

I Pigmei affascinano gli antropologi per lo straordinario adattamento all'ambiente fisico in cui vivono e la conoscenza profonda della foresta, affinata nei millenni di permanenza nella stessa regione.

I Bambuti sono cacciatori-raccoglitori. Per cacciare la selvaggina usano archi e frecce di legno con punte indurite nel fuoco e intinte nel veleno di serpente, oppure lance e reti. 
La raccolta (tuberi e frutti selvatici, bacche, insetti, larve, miele) è praticata generalmente dalle donne, ma non esiste una rigida divisione sessuale del lavoro, perché la caccia non è preclusa alle donne, che possono parteciparvi come battitrici che stanano la selvaggina, battendo sui tronchi degli alberi o facendo rumore con dei rami trascinati sul terreno, mentre spesso gli uomini raccolgono.

I Pigmei ricavano dalla foresta tutto il necessario per vivere, però scambiano una parte dei loro prodotti con le popolazioni confinanti di agricoltori bantu o sudanesi. Questi ricevono dai Pigmei prodotti quali miele, carne, erbe mediche, legno da costruzione e danno in cambio oggetti di metallo, vasellame, stoffe, tabacco, prodotti agricoli come banane, manioca, riso, fagioli. 

L'unità sociale di base per i Bambuti è la famiglia nucleare.
Ogni famiglia vive in una capanna a cupola fatta con foglie, rami e fango; nell'accampamento le capanne sono disposte a cerchio attorno a uno spiazzo comunitario dove si conserva il fuoco, ci si lava, si prepara il cibo, si chiacchiera. 
La donna assolve tutti i compiti domestici, come cucinare, pulire, tenere acceso il fuoco, prendere l'acqua, raccogliere la legna, accudire i bambini piccoli, mentre l'uomo, se non è a caccia, trascorre il suo tempo nello spiazzo comune a conversare con altri uomini o a riparare le armi e gli attrezzi per la caccia. 

I Pigmei sono monogami ed esogami e si sposano senza alcuna cerimonia, semplicemente andando a convivere; se non ci sono figli il matrimonio può essere sciolto con facilità, ma quando arrivano i bambini il nucleo diventa stabile. 
Più famiglie di Pigmei Bambuti costituiscono una banda, che è il gruppo di individui legati dallo sfruttamento in comune delle risorse di un territorio. una banda agisce in un territorio di circa 120-150 km e ha dimensioni variabili: più piccola nel caso di cacciatori con l'arco, conta un maggior numero di individui (fino a 60) se si tratta di cacciatori con le reti, attività che richiede un notevole sforzo cooperativo. 
All'interno della banda vi sono ruoli diversi, attribuiti in base al sesso (uomo-cacciatore, donna-raccoglitrice) o all'età (giovane-abile cacciatore, anziano-saggio consigliere), ma non vi sono disuguaglianze. 
Periodicamente emergono dei capi, ma privi di effettivo potere, con funzioni di consiglieri o rappresentanti presso altre tribù. Se nascono dei conflitti, la loro risoluzione è affidata al parere degli anziani, ma più spesso è lasciata ai diretti interessati, su cui la banda esercita una pressione sociale diffusa con battute di spirito per sdrammatizzare e calmarli. 
La coesione sociale all'interno della banda è mantenuta dalla cooperazione nelle attività economiche, dalla spartizione della carne e dai legami di parentela.

Commenti

Post popolari in questo blog

SOCIOLOGIA: GLOBALIZZAZIONE. VIVERE IN UN MONDO GLOBALE

METODOLOGIA DELLA RICERCA: COME LAVORANO GLI ANTROPOLOGI?

METODOLOGIA DELLA RICERCA: GLI STRUMENTI DI INDAGINE DEL SOCIOLOGO